"…por eso he soñado con una obra que no se encajase en ninguna categoria, que en lugar de pertenecer a un género, los contuviese todos; una obra dificil de definir y que habría de definirse justamente por esa carencia de definición; una obra de la tierra en el cielo y del cielo en la tierra; una obra que fuese el punto de reunion de todos los vocablos diseminados en el espacio cuya soledad y desconcierto no podemos ni imaginar; el lugar, más allá del lugar, de una obsesión por Dios, deseo no colmado de un insensato deseo; un libro, por último, que sólo se entregase por fragmentos, cada uno de los cuales fuese el inicio de un libro."

Tratto da El libro de las preguntas – volumen II di Edmond Jabès, ediciones Siruela, El antelibro III, pagina 261. Trovai questo libro in casa di Didac e lo aprii a caso.

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giovedì, luglio 3

Dialoghi del possesso

Mikele: "Jina, giochiamo al dottore?"
Jina: "Perchè insisti tanto Mikele, perchè?"
Mikele: "Voglio trovare una cura."
Jina: "Una cura per cosa?"
Mikele: "Per il taijin kyofusho."
Jina: "Ma noi non siamo giapponesi Mikele."
Mikele: "Scusa Jina, è che non riesco a smettere di sentirmici"
Jina: "Non dovresti cercare di essere samurai a tutti i costi, la nobiltà è un dono del cielo."
Mikele: "Scusami Jina, non ti disturberò più."

"Che c'hai in testa fratè?"
"Niente frate', la stessa cosa che c'hai te."
"La fica?"
"No, stiamo sottosopra perchè senno qui dentro non c'entravamo"
"Allora qualche strano pensiero fratè?
"Magari fratè, magari ..."
"Cosa ti turba fratè?"
"Qualche stronzo con la mano fredda mi sta tirando fuori."

"Ciao bella."
"Ma come puoi dirmi bella, sono orribile!"
"Ma è solo mattino, col passare del giorno lascerai tutti a bocca aperta."
"Ma che cosa dici, tu non capisci niente!"
"A mezzogiorno attirerai le prime attenzioni e ti lascerai respirare."
"Oddio, già mi sento a disagio. E pure tu, non starmi così vicino, mi si vedono tutti i segni della notte. E non fissarmi idiota!"
"Vedrai che arrivata la sera, il tuo sguardo farà cadere tutti come mosche, prima ancora che sia la morte a farlo."
"Ma che dici, stupido! Come faccio adesso, ogni secondo che passa è una traccia in più, un'immagine stanca. Non mi vorrà nessuno. Ti odio!"
"Hai ragione, ti lascio in pace Solitudine."

"Parlavo con Eco, e mi sono reso conto di una cosa strana."
"Di cosa?"
"Forse sognavo."
"Mentre parlavi?"
"No, mentre dormivo."
"Ma cosa?"
"Parlavo e il ripetuto tornava a me in ordine inverso. Capivo tutto."
"Allora sognavi!"
"No parlavo meco."

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Deja vu

S.

simjedi ha detto...

ho riserbato un premio per te e il tuo blog! a presto!

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